Con l’inizio della coltivazione “intensiva” (per quanto possibile date le ripide colline e montagne) dell’olivo, presumibilmente a partire dal 1300, il piccolo borgo inizio a crescere, diventando un centro nevralgico per la produzione e vendita dell’olio di oliva taggiasca.
Non abbiamo notizie storiche sulla Valle del Maro anteriori all’arrivo dei conti di Ventimiglia. Il primo documento che ci tramanda i nomi di alcuni paesi del Maro risale al 20 maggio 1150: il Vescovo di Albenga Odoardo concede a Filippo e a Raimondo, conti di Ventimiglia, figli di Oberto sconfitto in Ventimiglia dai Genovesi nel 1140, la riscossione delle decime ecclesiastiche sui paesi del Maro, Aurigo, Conio, Lucinasco, Caravonica, Larzeno (odierna Arzeno), Prelà, Cenova e Lavina. Ogni parrocchia versava al vescovo infatti decime in natura sui prodotti coltivati: grano, avena, orzo, forse fichi, vino e olio.
Nell’abitato di Maro Castello è ancora visibile parte dell’edificio fortificato, eretto nel XI secolo, forse dallo stesso Oberto conte di Ventimiglia, rifugiatosi nel Maro dopo la sconfitta.
Le uniche costruzione probabilmente coeve del Castello del Maro sono il frantoio dietro la chiesa, detto “u gumbu grossu”, che era della famiglia Amey, il mulino a grano vicino al lavatoio e il palazzo degli Amey, feudatari di Borgomaro.
I due opifici erano serviti dalla “bea” che parte dalla località “mainetta”, passa sotto diverse case, e affiora dal lavatoio.
Col crescere di produzione e commerci, i Ventimiglia e gli Amey concessero la formazione del paese per chi vi lavorava negli opifici. Iniziò quindi un’opera di urbanizzazione strutturata del terreno, come ancora testimonia una rete sotterranea di scolo delle acque che attraversa l’intero paese.
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